Energia e forma sono la base strutturale di ogni azione, compiere un gesto, disegnare un oggetto, realizzare un opera d’arte, sono il risultato della formalizzazione di una energia disponibile.
Non si può costruire nulla se non ci sono le idee e il capitale per farlo, diversamente tutto rimane potenziale, inespresso, solamente virtuale e non si realizza.
Da tempo avevo in progetto di realizzare un opera che desse spazio alla mia creatività, l’occasione è arrivata con l’incontro tra me ed Elias Zoccoli, giovane astro nascente dell’alta Sartoria italiana.
Il prodotto artistico è ricerca dell’ispirazione che ha origine dal suo creatore, in un lavoro a due è mediazione tra il proprio gusto personale e le esigenze del cliente. È espressione formale dell’identità del cliente.
La prima cosa che un creativo deve fare è mettersi a disposizione dell’opera come mediatore tra un’idea, un pensiero, un’intuizione e la sua realizzazione pratica.
Ogni qualvolta ha inizio un lavoro creativo ci sono già le immagini, il risultato è già presente, si tratta di dargli una forma, di tradurlo in materia, di trasformare quella intuizione in qualcosa di tangibile ai cinque sensi.
Il creativo si deve porre in una posizione di servizio, senza smentire la propria natura come traduttore tra il linguaggio dell’anima e il linguaggio popolare, mantenendo sempre pulito lo specchio della sua immaginazione. Il servizio migliore che ho potuto fare con questo lavoro è stato pormi al servizio dell’opera, voluta dal cliente, senza deviare dalla idea originale, se non per migliorare lo sviluppo.
Dobbiamo chiederci “cosa è arte”, Leonardo, Michelangelo, Wharol, quale è stata la loro esigenza di fare arte? “Da chi” o meglio “da cosa” sono stati motivati?
Hanno fatto arte per dare vita a cose belle oppure avevano motivi economici, religiosi, politici, personali, per fare quel quadro, quella statua, quella rappresentazione?
Quanto dico vale per tutte le forme di arte, pittura, scultura, letteratura, poesia e anche per le forme più moderne come la fotografia, il cinema.
Il fruitore di un opera dovrebbe porsi una domanda: “Cosa mi sta trasmettendo quel dipinto, quella fotografia”? “Come varia il mio stato emozionale”? Mi sta mostrando qualcosa di vitale, di strutturante valore per me, mi fa crescere, mi apre la coscienza e l’immaginazione, oppure mi sta imponendo i suoi problemi, le sue ideologie, il suo credo, i suoi limiti, le sue frustrazioni, come monito, come tragedia, come riduzione della mia persona?
Nel fare questo tipo di arte siamo oggi maestri, vedi l’Urlo di Munch, le ripetizioni memiche di Wharol, gli escrementi di Piero Manzoni, e in generale gran parte dell’arte di questi ultimi anni. Queste sono immagini che riducono l’idea di bellezza, non consentono la crescita intellettuale e bloccano l’uomo dentro la stereotipia di un pensiero limitante ponendolo sulla strada dell’inevitabile tragedia. È quello che io chiamo “arte patologica”.
Quest’arte non rende più bello il mondo, non aiuta le persone, ma le induce al pensiero di un destino inevitabile di una felicità irraggiungibile, modulandole sulle frequenze della disperazione collettiva.
Arte invece è “riempire il mondo di cose belle”, come tanti artisti fanno, mi vengono in mente Leonardo, Michelangelo, Caravaggio, il Rinascimento è stato un periodo di grande fervore intellettuale; questi artisti sono stati generatori di un nuovo modo di vedere le cose, di una rinascita spirituale, di una riscoperta della realtà materica dell’arte a funzione della bellezza, per il piacere intellettuale degli esseri umani.
Quest’opera, voluta da Elias Zoccoli non è un semplice catalogo, ma una vera e propria opera d’arte, realizzata tenendo in considerazione le esigenze di Elias e la vita che amiamo e che rispettiamo entrambi.
Nell’opera si vede l’anima di Elias, quella trasparenza che richiama al suo cospetto tutti coloro che amano nutrirsi di buon cibo per l’intelletto, coloro che amano vestirsi ed indossare capi e accessori unici che li rendono esclusivi per se e per i propri simili.
Esecuzione del progetto
La mia conoscenza con Elias Zoccoli risale a qualche anno fa, ci siamo frequentati in vari contesti ed io ho assistito ad alcune sue esposizioni di prodotti sartoriali. Di lui posseggo alcune cravatte, un meraviglioso papillon, un foulard e un paio di pochette da taschino.
Recentemente ci eravamo persi di vista, i nostri interessi personali ci hanno portato a frequentare ambienti diversi, ma questa occasione di incontro, maturata dalla sua esigenza di realizzare un catalogo delle proprie creazioni è stata generatrice di una collaborazione che vede i suoi frutti oggi nella pubblicazione del catalogo artistico per il suo atelier, e che ha aperto la strada ad altri progetti di futura collaborazione.
Nel primo incontro abbiamo definito le necessità che Elias aveva nel realizzare un catalogo per la sua maison. Scorrendo i cataloghi di altre case sartoriali affiorava evidente il problema che, a differenza di altri, il suo lavoro risultava essere unico, ogni manufatto realizzato non aveva un omologo gemello, ogni cravatta, foulard o papillon era il prodotto di una selezione di stoffe, forme, cuciture, combinazioni che rendono i suoi prodotti opere uniche impossibili da riprodurre in serie.
Un catalogo è di per se una esposizione di prodotti realizzati in serie in cui una immagine rappresenta il prodotto realizzabile nella sua forma descritta in infinite copie. Anche se ciascuna realizzata a mano con arte sartoriale artigiana, rimane comunque un lavoro in serie.
Nel caso di Elias le sue opere sono uniche, difficilmente un prodotto può essere realizzato in più copie, salvo richieste particolari. Questo ci poneva nella certezza che non avremmo dovuto fare un catalogo, quello che avremmo dovuto realizzare era un prodotto diverso, qualcosa di nuovo.
Si fece largo la certezza che avremmo realizzato qualcosa che parlasse di Elias, il centro dell’attenzione si era spostato dai prodotti centrandosi su colui che era in grado di realizzarli.
Una intera giornata di set fotografico, nel suo atelier, si è resa necessaria per mostrare Elias all’opera. La fotografia ritrae l’uomo nel suo momento artigiano, la congiunzione di esperienza, maestria, piacere nella realizzazione. Non è una posa ma un momento di azione, di movimento verso il compimento di un opera.
Cravatte, Foulard, Ascot, Pochette, Papillon, sono solo alcuni dei prodotti che Elias realizza, ma sono quelli più significativi della sua opera, il suo ingegno lo spinge sempre verso nuove realizzazioni, egli cuce nel suo laboratorio splendidi gilet ed abiti su misura, ma il suo animo è ispirato dai complementi di abbigliamento, e questi abbiamo deciso di raccontare.
Selezionati gli oggetti da fotografare è iniziata la fase di scatto nel mio laboratorio, un set da ripresa con tavolo bianco, luci e tanta esperienza. Il procedimento però non è stato canonico, le immagini che avrei dovuto produrre non servivano solo a mostrare la delicatezze dei tessuti, il morbido delle curve, i riflessi cangianti delle sete prestigiose, ma dovevano anche rispondere alle esigenze del sarto, come li aveva visti, come li interpretava nella vita. Dietro al suo lavoro c’è l’ispirazione di un opera, la scelta di una forma, l’accostamento dei colori.
Abbandonati i canoni di fotografia ho lavorato per realizzare le foto con pensiero artistico, muovendo le luci e i punti di ripresa per ogni oggetto e trovando forme che ne valorizzassero i contenuti.
Gli scatti erano pronti, dopo la selezione dei migliori che sono stati scontornati procedendo manualmente con verifica ad alta risoluzione per ottimizzare l’immagine fino all’ultimo pixel, dovevamo affrontare la scelta creativa.
Inizialmente ci eravamo posti la domanda se realizzare prima l’aspetto grafico del contenitore e successivamente le foto adatte, questo sistema ci è sembrato inopportuno, in quanto avrebbe condizionato il lavoro di scatto limitandone la creatività, ponendo come elemento principale il contenitore, mentre nostro interesse erano i contenuti. Sono state le foto realizzate a stimolare la parte successiva del nostro lavoro, contribuendo alla scelta dello stile.
Le prime idee cui avevamo lavorato ci dirigevano verso un aspetto grafico neutro e un formato di stampa quadrato, che si accompagnasse alle forme del singolo oggetto, che ne valorizzasse la manifattura e ne evidenziasse i contenuti.
Servivano delle forme che accogliessero il prodotto senza nasconderne il valore, riflettendo nell’osservatore il piacere di guardare un’opera d’arte, di provare il desiderio di comprenderla e di possederla.
Durante questa fase, dopo aver valutato i vari bozzetti, questa spinta creativa ha stimolato in Elias il desiderio di realizzare nuovi oggetti. Uno stop alla lavorazione è stato ritenuto opportuno, il genio creativo del sarto si era messo al lavoro, e sono nate così le nuove creazioni, due splendide cravatte uniche, due opere d’arte.
Le necessità stilistiche hanno evidenziato che il formato quadrato non era indicato per il tipo di opera, un formato rettangolare tipo tabloid avrebbe meglio reso evidenti i contenuti, dovevamo valorizzare il senso di verticalità, espresso nella copertina dalla nuova creazione, la cravatta nera che ben rappresenta “il punto esclamativo che afferma categorico l’Uomo che la indossa”.
A questo punto l’opera artistica era arrivata a conclusione, ha visto rapidamente prendere la sua forma finale nella finitura delle immagini, la scelta del formato di stampa, la scelta della carta e la verifica della risposta ai colori. Mancava un ultimo punto, la scrittura dei testi.
In aiuto per questa parte del lavoro è intervenuto un maestro della comunicazione, un noto professionista, mentore e ispiratore di questa avventura, che ha interpretato le parole e i pensieri di Elias producendo il risultato finale che oggi leggiamo stampato sulle pagine del catalogo, il Dott. Benedetto De Francesco, Executive Business Coach.
È stata una parte creativa del lavoro a cui ho assistito e di cui porto con me il fresco ricordo, un esempio di come l’arte precedentemente descritta non sia solo quella delle arti figurative, o della musica, ma anche quella dell’uso del linguaggio, quando la parola rispecchia l’anima e il pensiero delle cose, le descrive senza filtri, le umanizza per renderti partecipe di un fatto.
La descrizione della persona e del lavoro di Elias è un esempio di armonia, semplicità, chiarezza e trasparenza.
In conclusione, un opera d’arte si è fatta strada da semplici immagini, intuizioni, pensieri. Ha preso vita nel suo germogliare dal confronto tra due anime (tre in verità) fino al suo comparire nella sua forma migliore, come splendore solare che porta energia e vita sulla terra. Dodici pagine di immensa bellezza di cui cibarsi con immagini e parole che fanno bene al cuore, rinforzano l’animo, rendono partecipi di un fatto della vita, dell’originalità del genio italico e della maestria dei suoi artigiani.
Un catalogo che mette il punto esclamativo sull’opera artigiana di un maestro della sartoria.
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